La vita, con le sue complesse e a volte misteriose dinamiche, traccia per ciascuno percorsi di cammino con deviazioni. E così, accade anche, dopo la Prima Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, di prendere un treno che non porti verso casa bensì alla volta di un’altra città, un’altra diocesi. Ma è comunque un tornare a casa perché, se c’è una cosa che il Cammino sinodale iniziato nel 2021 ha fatto comprendere a chi ha, con coraggiosa responsabilità, preso parte a questa esperienza ecclesiale ancora in costruzione, è che ci si è messi e ci si mette all’opera non solo per la propria diocesi, ma per ogni Chiesa sorella, per tutta la Chiesa che è in Italia e, forse, non solo per essa. Si è avuto il coraggio di iniziare il viaggio con le ombre della pandemia: a ricordarlo – mentre l’arcivescovo Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino sinodale, nella relazione introduttiva ai lavori assembleari ripercorreva le fasi del cammino – il cuore è arrivato in gola. Ma uno sguardo all’aula sinodale “creata” all’interno della Basilica di San Paolo fuori le Mura ha regolarizzato il battito permettendo allo stupore di prendere il sopravvento. Arrivare fino alla Prima Assemblea sinodale non era scontato, eppure più di mille persone, domenica scorsa, hanno concluso una tre giorni di confronto autentico e schietto per rispondere alle sollecitazioni della storia ma, fondamentalmente, per rispondere alla domanda che oggi, come a Pietro, il Signore rivolge alla sua Chiesa: «Mi ami tu?» (Gv 21, 15-19). Questa domanda ha lastricato il Cammino sinodale delle diocesi italiane e la sua eco, durante le tre giornate di Assemblea, è risuonata, potente e impercettibile allo stesso tempo, nell’aula liturgica sorta sul sangue del martire Paolo e avvolta dalla splendente luce del mosaico absidale dedicato al Cristo Pantocratore. Il muoversi dei delegati e delle delegate – laici e laiche, consacrati e consacrate, sacerdoti – con i propri vescovi, in questi quattro anni di Cammino sinodale, è stato un continuo rispondere a quella richiesta d’amore del Signore narrata dall’evangelista Giovanni: a livello personale e comunitario, innescando un moto di conversione che non ha potuto e non potrà non coinvolgere le strutture.
Come sottolineano i Lineamenti, tra le tre dimensioni – personale, comunitaria e strutturale – esiste un circolo virtuoso «che può diventare vizioso se una di esse si blocca o non comunica più con le altre». E «a ogni svolta storica e culturale entrano in crisi – anzi, devono entrare in crisi – alcune forme ecclesiali ormai invecchiate, per adeguarle alle esigenze dell’evangelizzazione. Questa è la ri-forma». Tutte le occasioni di crescita nella sinodalità che il Cammino sinodale italiano ha offerto e fatto nascere sono state, quindi, possibilità per riconoscersi non solo attori della missione, ma anche destinatari, come ha sottolineato ancora Castellucci, «perché tutti portatori di un annuncio e tutti bisognosi di conversione».
Riconoscersi: tutti figli, tutti «discepoli missionari». Ecco perché la fatica del ritorno a casa scema se, in stazione, noti un cartellino con il logo del Cammino sinodale delle Chiese su una valigia e scatta la condivisione della vita. Ecco perché, anche l’altra città verso cui porta il treno del ritorno profuma di casa, profuma della propria Chiesa. Ritornare in diocesi per iniziare una nuova tappa del Cammino sinodale, quella che porterà alla Seconda Assemblea in programma alla fine di marzo, è quindi per i delegati e le delegate compiere un viaggio verso il futuro. E questi uomini e queste donne, insieme al proprio vescovo, insieme alle proprie Chiese, ognuna con il proprio passo ma con la comune passione per Cristo e per il suo Vangelo, hanno mostrato nella tre giorni romana lo stesso coraggio che nel 2021 li ha visti pronti, coraggiosi e creativi per coinvolgere “tutti” in questo tempo della Chiesa chi si offre, ai cuori credenti e non credenti, come nuova Pentecoste, per dire al mondo che non c’è persona che non possa essere abbracciata dal Vangelo perché non c’è parola che, nelle sue pieghe e piaghe, non custodisca la misericordia di Dio. I delegati e le delegate del Cammino sinodale italiano sono pronti, non manca l’ansia, non manca il timore. Ma oggi, più di ieri, c’è la forza del volersi “riconoscere” discepoli missionari, tutti responsabili, come ci ricorda papa Francesco, dell’arte sinfonica della sinodalità, tutti abitanti di vecchi e nuovi portici di Salomone, per compiere, insieme, «nuovi segni e nuovi prodigi» (At 5,12).
Mariangela Parisi
Referente Regionale del Cammino Sinodale