Per stare uniti e in cammino sui passi di Trieste

A Pompei il secondo appuntamento dei vescovi della Campania con i cattolici impegnati in politica e per la costruzione del bene comune

Sotto la protezione del «laico» Bartolo Longo, fondatore del santuario della Vergine del Rosario, che per la Chiesa sarà presto santo, e dello statista Alcide De Gasperi, per il quale da pochi giorni è stata chiusa la fase diocesana della causa di beatificazione e canonizzazione, si è aperto a Pompei nella mattina di sabato primo marzo il secondo appuntamento del «cammino di accompagnamento» dei «cattolici impegnati in politica», e di tutti quelli che si attivano per una partecipazione alla vita delle città con l’obiettivo di costruire il bene comune, con in mano la «magna carta» che è la «dottrina sociale».

Nella cittadella mariana ai piedi del Vesuvio si sono radunati ancora una volta oltre cento delegati delle comunità ecclesiali: la prima tappa si era svolta nella stessa città il 14 dicembre del 2024. Un unico titolo per entrambi gli incontri, che è anche quello della Settimana Sociale dei Cattolici in Italia svoltasi a Trieste nel luglio del 2024: «Al cuore della democrazia». A guidare la preghiera e la riflessione i tre vescovi delegati dalla Conferenza episcopale campana: il presidente monsignor Antonio Di Donna, il vescovo Franco Beneduce e monsignor Francesco Alfano.

Di Donna, vescovo di Acerra, introducendo la mattinata di lavoro ha posto al centro dell’orazione le condizioni di papa Francesco invitando ad «intensificare le preghiere» – in particolare alla Vergine del Rosario, la «padrona di casa» – affinché il Pontefice torni presto in salute.

«Accompagnamento è la parola chiave dei nostri incontri» ha esordito il presule sgombrando subito, e ancora una volta, il campo da improbabili fughe in avanti di quelli che guardano a questo percorso come alla «costruzione di un partito unico dei cattolici». Si tratta infatti di un «incontrarsi oltre le appartenenze» ha chiarito il vescovo, di un «processo alla ricerca di una via», e inserito in un «cammino italiano»: esso inaugura «un nuovo rapporto tra la comunità dei credenti e chi si impegna in politica, avendo come bussola la dottrina sociale della Chiesa».

Infatti «era troppo tempo che non ci incontravamo» si erano detti all’unisono il 14 dicembre «raccontandosi» gli uni gli altri. E se è vero che i vescovi si limitano in questa fase ad «indicare prospettive e piste per il lavoro comune», chiare sono però «le vie da non percorrere» ha detto Di Donna, e cioè quella della «rassegnazione e della tentazione di chiudersi nel privato», come anche sono da escludere la via della «diaspora dei cattolici in politica», quella «identitaria» e, «almeno per adesso», non è percorribile la strada che conduce semplicemente a «strategie elettoralistiche».

Il presidente della Conferenza episcopale campana ha fatto riferimento nel suo intervento ad alcuni significativi passaggi della relazione a Roma dello scorso 15 febbraio di monsignor Luigi Renna, Presidente del Comitato scientifico e organizzatore delle Settimane Sociali dei Cattolici in Italia, aprendo i lavori della cosiddetta «Rete» nata proprio dopo l’appuntamento di Trieste, che riunisce tutti gli amministratori cattolici d’Italia. In particolare Di Donna ha esortato ad armarsi di quella «pazienza» necessaria di fronte ai lunghi «processi di verifica e maturazione», mettendo al riparo la «carità politica» dalle continue «insidie» da cui è minacciata: cartina di tornasole per un’autentica verifica è l’«attenzione ai poveri». Insomma, si tratta di «accompagnare il pluralismo politico per opere di giustizia e carità», e in esso «sostenere l’unità attraverso un’anima, un pensiero e una visione», promuovendo la formazione a tutti i livelli – i «cattolici in parlamento», la «Rete di amministratori cattolici», e soprattutto la «base delle comunità ecclesiali» –, e ben consapevoli che «le istanze cristiane difficilmente potranno essere soddisfatte completamente in un partito».

Monsignor Di Donna ha chiuso la sua introduzione indicando alcune «piste di lavoro» quali la creazione di «luoghi di ascolto e di confronto su temi concreti di oggi che riguardano la vita della società e la dottrina sociale della Chiesa: economia, famiglia e vita». E questo attraverso un dialogo che sia inclusivo e «trasversale», capace di «superare le barriere della polarizzazione e favorire la condivisione e il discernimento sulle diverse questioni cristiane». Ma anche la promozione di «luoghi di formazione alla partecipazione aiutando in questo impegno le singole diocesi». E poi l’«accompagnamento spirituale per dare un’anima alla politica». Al quinto posto «abbiamo messo dei puntini sospensivi perché siate voi ad indicare ulteriori sentieri per il cammino con il vostro lavoro nei gruppi al termine della mia introduzione» ha chiosato Di Donna.

E difatti dai dieci tavoli di confronto sistemati nella stessa Sala Trapani del santuario è emersa certamente la necessità di creare «luoghi permanenti di confronto e formazione», soprattutto per fugare il dubbio e «la preoccupazione che tutto si fermi a Pompei e non si riversi nelle diocesi e nelle parrocchie». A più voci è stato richiesto che la vocazione all’impegno politico diventi una sorta di «ministero» nei cammini delle comunità ecclesiali, con «percorsi» e «laboratori permanenti» per una «formazione integrale, e a tutte le età», che parta «dal basso» e si avvalga di «competenze», anche con l’aiuto di «animatori che portino la dottrina sociale nelle parrocchie», e che sostenga il «senso di responsabilità e partecipazione» per «sensibilizzare alla vita democratica» e animare il «coraggio di esporsi» su tematiche delicate e sensibili.

Tutti hanno richiamato la necessità, «a partire dalla scuola», di «coinvolgere i giovani a cui consegnare il testimone: molti sono competenti ma sfiduciati» è stato detto. Altra esigenza sottoposta ai vescovi è quella di «accompagnare spiritualmente il politico cattolico» che tante volte si sente «solo», e anche perché «deve essere aiutato a diventare una persona equilibrata».

Da molti è stata sottolineata la «bellezza del pluralismo», che però nasconde l’insidia della «frammentazione dell’impegno». Da qui la necessità di «unire le forze “diverse”», anche attraverso un’«agenda regionale di appuntamenti e confronto con amministratori», per «mettere insieme le idee» e «trovare metodi per essere più efficaci». Senza tralasciare il confronto con gli «altri» e «scardinare gli schemi». In questo lavoro determinante è la «vicinanza dei vescovi».

Infine, l’appello ai presuli affinché «la dottrina sociale della Chiesa entri in maniera capillare e importante nel cammino dei seminaristi che si preparano al sacerdozio».

«Il vostro desiderio, il vostro interesse, la buona volontà e i buoni propositi, ci autorizzano a rassicurarvi e a dire subito che non si fermerà tutto a Pompei». Monsignor Francesco Alfano, vescovo di Sorrento-Castellammare di Stabia, ha risposto ai delegati presenti indicando proprio «questo incontro intermedio» quale segno preciso della volontà dei vescovi di «proseguire nel cammino insieme». Con una precisazione: «Non ci dobbiamo contare, siamo bensì chiamati a leggere e interpretare», aiutati dal «tempo profetico del cammino sinodale». E già «il solo pensare a laboratori permanenti, al coinvolgimento dei giovani e delle parrocchie non è poco». Il tutto con l’obiettivo di aiutare lo sviluppo del «senso critico» e imparare, pur non avendo una «ricetta» pronta, a «come stare nel pluralismo». «Mettiamoci in cammino con scelte coraggiose» e «tutti insieme daremo una risposta a livello regionale» ha concluso Alfano.

Monsignor Franco Beneduce, vescovo ausiliare di Napoli, ha guardato ai «due incontri di Pompei, il 14 dicembre 2024 e quello di oggi, non per contarci ma per contagiarci», a partire dal «vivaio di competenti e appassionati che siamo e di cui disponiamo», e con l’impegno a non finire «sonnambuli» ma ad «andare avanti con pazienza nel confronto, per avanzare in una visione e lasciare il segno» tutti insieme.

«Grazie, forza e andiamo avanti contagiandoci e sostenendoci nel cammino». Questa l’esortazione finale di Beneduce prima di recitare in coro l’Ave Maria intonata da Di Donna alla Vergine di Pompei per implorare la «buona salute» del Papa.

Antonio Pintauro
Direttore UCS Diocesi di Acerra

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