Il Diacono Ministro della carità
Nei primi secoli del Cristianesimo il termine diacono indicava tutti coloro che svolgevano un servizio, un ministero all’interno della Chiesa, per cui era applicato a tutti i credenti, anche agli apostoli e ai presbiteri (Rm 1,1; Fil 1,1; Tt 1,1; Gc 1,1).
Una consolidata tradizione segna l’inizio del diaconato nel racconto dell’istituzione dei sette che troviamo nel libro degli Atti degli Apostoli (6-1,6), quando gli Apostoli, per potersi “dedicare alla preghiera e al servizio della Parola”, dopo aver invocato lo Spirito Santo, scelgono, tra i fratelli della prima comunità, “sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza” affinché collaborassero con loro, occupandosi del servizio e assistenza agli orfani e alle vedove.
In questi versetti si manifesta lo stretto nesso che lega gli Apostoli e i Diaconi, e il ruolo degli stessi: un servizio amministrativo e assistenziale da svolgere in piena collaborazione con gli Apostoli.
Continuando a leggere il libro degli Atti, apprendiamo che ai compiti pratici svolti da questi primi Diaconi si aggiungono servizi pastorali di maggior rilievo.
Le particolari caratteristiche «uomini pieni di spirito e di sapienza» permettevano ad essi la possibilità di offrire , oltre ai cibi materiali della mensa, anche quelli spirituali della rivelazione cristiana; per cui essi si diedero ben presto alla predicazione, con mirabili frutti, come dimostrano Stefano (At 6,8; 7,60) e Filippo (At 8,26-40), che battezzava (At 8,38).
I primi Diaconi quindi non si limitarono solo al servizio della mensa, ma affiancarono gli Apostoli nel ruolo dell’evangelizzazione. I Diaconi svolsero questo ulteriore ruolo non di loro iniziativa; leggiamo sempre negli Atti che Filippo fu inviato esplicitamente da «un angelo del Signore» (At 8,26).
Stefano “faceva grandi prodigi e miracoli” e a causa del suo atteggiamento e della sua predicazione fu lapidato. Filippo, anch’egli “uno dei sette”, era detto “l’evangelista” in quanto missionario e annunciatore del Vangelo (Atti degli apostoli cp.8;21).
L’antica Didascalia degli Apostoli raccomanda al diacono una comunione stretta e cordiale con il Vescovo: “Egli sia l’orecchio del Vescovo, la sua bocca, il suo cuore, la sua anima: due in una sola volontà”.
La Tradizione Apostolica di Ippolito descrive il rito di ordinazione dei diaconi mediante l’imposizione delle mani da parte del solo vescovo, e spiega: “Perché il diacono non è ordinato per il sacerdozio, ma per il servizio del Vescovo”.
Successivamente la figura del Diacono si è sempre più delineata grazie anche ai dettati dei Padri della Chiesa riportati nella Didaché, nella Traditio apostolica, nella Didascalia apostolorum e nelle costituzioni apostoliche.
Nel corso dei secoli dopo che si delineò una struttura gerarchica della Chiesa, e i diaconi furono inferiori solo ai presbiteri e al vescovo, con funzioni di assistenza di quest’ultimo che lo aveva ordinato: distribuivano l’eucarestia, leggevano i testi sacri ed erano dediti alla predicazione.
Sappiamo bene come e perché questo dono dello Spirito, ricchezza per la Chiesa, sia scomparso come ministero permanente e relegato ad un momento nel cammino verso il presbiterato.
Il Concilio Vaticano II, ha ripristinato questo ministero permanente per il bene della Chiesa intera. Purtroppo si rileva che in alcuni casi, un’interpretazione non esatta del ruolo del Diaconato permanente anche da parte dei Presbiteri, con conseguente mortificazione del ministero Diaconale vissuto come un servizio sostitutivo del presbiterato, crea disappunto.
Spesso esso diventa una testimonianza e un servizio ecclesiale non idonea al giusto significato del Ministero Diaconale.
A oltre quarant’anni di distanza dalla restaurazione del Diaconato Permanente sorge la necessità di rivedere il ruolo dei diaconi proprio alla luce di quanto riportato nelle Sacre Scritture e ricordato all’inizio di questo lavoro.